Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "D" (Adulti)
II Premio
Flavio Provini
Motivazione: La sofisticatezza e la ricercatezza del verso poetico di Flavio Provini, unita alla capacità di utilizzare sapientemente preziosismi lessicali e retorici, rendono le poesie Le case dei vecchi e Viaggio nel mio mare degne di quel puro spirito manieristico vòlto a una lirica stilisticamente ben costruita e dai contenuti calibrati. In Le case dei vecchi, il ricordo di eventi passati e il rappezzamento cinematografico dei momenti di una vita trascorsa scandiscono e ripercorrono l’esistenza di coppie di anziani, accomunati dal desiderio di “un ritorno di memoria”: il bilancio consuntivo è quello di una vita in gran parte già fuggita e imprigionata nell’usura di oggetti quotidiani, che sembrano anch’essi smaniosi di raccontare, a fronte di quel poco “che resta” da intraprendere. Ancora in Viaggio nel mio mare, il ricordo, misto alla riflessione e alla speranza, si fa filo conduttore di tutta la lirica: un ritorno del poeta alle cose private, un rivolgere le proprie attenzioni su di sé, e in particolare a quel suo mare che, fuori di metafora, non è altro che la rappresentazione di un cammino interiore. Così, c’è spazio solo per la rivisitazione d’una esistenza fatta di scelte e di rinunce, di azzardi e di sicurezze, di “tempeste amare” ma sempre “addolcite con una sana ironia”.
Viaggio nel mio mare
-lirica in rima incrociata-
Ho dismesso le paure e il lamento
Issato vele bianche verso Oriente
Sbirciato oltre i veti della mente
Seguito i gabbiani controvento.
Così mi son trovato tra le stelle
Un calcio a ieri, il binocolo sul domani
Il timone del coraggio fra le mani
A guidarmi per rovesci a catinelle.
Volevo un’emozione, non una meta
Lo star a galla un pelo sopra l’infinito,
essere mozzo o capitano ardito
la mano di scorza, il cuore di seta.
Magari un giro per tornare a sera
Diventar Ulisse o restar Nessuno,
sgranar i miei dubbi, ad uno ad uno
cercar retate d’oro o peste nera.
Covavo un urlo nella finta pace
Dentro il silenzio il fragore del tuono,
mi mancava del cuore il suono,
il vagito del bambino che ora tace.
Che superbi i canti delle sirene
Fra spettri di meduse a fil di mare!
E il saluto dei delfini alle lampare
Mentre il sole sgualciva le gomene…
E ho ammiccato alle tinte artificiali
Ma all’indaco ho scelto il cremisi,
ho affogato sogni, schiuso sorrisi
dubitando dei credo occidentali.
Ho assaggiato tempeste amare
Le ho addolcite d’una sana ironia,
ne resta adesso una vaga nostalgia
simulacro e forza nel mio navigare.
Ed ora ignoro i nodi del destino:
sarà approdo o dialogo con Dio,
Apocalisse o requiem dell’Addio?
La luna è lì, curiosa fa capolino.
Flavio Provini (Milano)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
II Edizione 2018
Categoria "D" (Adulti)
I Premio
Rita Parravicini
Motivazione: Con Autobiografia e Vorrei, la poesia di Rita Parravicini si svela impressionisticamente fine, semplice, leggera e ritmata nel verso, specchio e allo stesso tempo bozzetto ritrattistico della poetessa che si rappresenta, in entrambe le liriche, non più umana. In Autobiografia, l’autrice si paragona dapprima a uno dei tanti libri posti sui bui “scaffali della biblioteca della vita”; un libro poco compreso, afferrato più volte e usurato dalle letture di alunni, di uomini e di donne che spesso risultano impaurite nel riconoscersi simili, se non uguali, a esso. Così, l’autrice spera in un cambiamento, in una innovazione: alla vita rutinaria, metaforicamente rappresentata da un libro letto e riposto sempre sullo stesso scaffale, la poetessa spera di diventare, sempre con metafora, un moderno e-book illuminato, nella sua vita e per la sua vita. Il leitmotiv della disumanizzazione è presente anche nella lirica Vorrei: qui l’autrice richiama la potenza eterna del mito, trasformandosi così nella Dafne di memoria ovidiana; la metamorfosi in un albero forte, robusto e generatore di vita non è che il principio per vincere, resistere e liberarsi dal ciclico susseguirsi delle stagioni e dall’inesauribile quanto inevitabile scorrere tempo.
Autobiografia
Sei come un libro aperto! –
Questo dicono di me, ma io non lo penso.
Un libro, si, forse lo sono, ma chiuso,
allineato insieme ai miei simili,
negli scaffali della biblioteca della vita.
Stiamo tanto stretti
Che mi è difficile leggere come siamo dentro, io e gli altri.
Vedo le copertine dei miei vicini,
ruvide di cartone o lisce, in vera pelle.
Ne annuso gli aromi,
sorgendomi leggo un nome,
un titolo sbiadito sulla costola.
Per qualche tempo mi hanno tolto
Dall’ordinata fila i miei lettori.
Hanno sfogliato le mie pagine:
certi alunni hanno trovato in me
numeri e figure,
come funzionano il cuore e
la spirale della formula chimica della vita.
Alcuni uomini, togliendomi la polvere di dosso,
mi hanno portato fuori per un po’ di tempo,
magari in tasca,
facendomi assaporare il fascino
di essere di tanto in tanto accarezzata
nel girare le mie pagine nascoste.
Poi mi hanno lasciato di nuovo in biblioteca,
disorientata, cambiandomi di posto nel catalogo.
Alcune donne mi hanno letto,
ma solo nelle prime pagine
per paura di scoprirsi uguali a me.
Ora ho deciso di venir via dagli scaffali.
Da domani, senza aspettare di essere prescelta,
sarò un e-book tecnologico,
una prima pagina sempre illuminata,
basterà sfiorarmi e … cambierò look.
Vorrei
Essere un albero…
Come dafne
Invocare mia madre
Che muti i miei piedi
In radici penetranti l’umida terra,
la pelle in ruvida corteccia,
le braccia protese in rami nodosi
chè nessuno mi abbracci
per farmi del male.
Ingannare il gelido inverno…
Fingendomi morta.
Bagnarmi di sole
E stupire gli uomini
Con la mia improvvisa
verde rinascita
Coprendomi di gemme
In primavera.
Nascondere tra i miei rami
Canore nidiate.
Con odoroso nettare
Nutrire alate creature
E in carnosi frutti
Moltiplicare la mia specie.
Si racchiude in un albero
Tutto il mio bisogno di essere.
Rita Parravicini (Grosseto)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "C" (Istituti Superiori)
I Premio Assoluto
Leonardo Donà
Motivazione: La costruzione della struttura poetica in rima è rischiosa, perché può banalizzare il verso; al contrario e in questo caso, la rima è stata sapientemente usata e risulta essere l’efficace espediente con cui l’autore ci rende leggero questo volo poetico sulla condizione umana, per non spaventarci dell’inabissamento in cui ci trascina nella descrizione delle miserie degli uomini. Leonardo non ci impedisce, però, di incontrare con meno dolore gli occhi vuoti della donna, quelli che nella poesia Sul ciglio della strada penetrano con tale forza da riuscire, finanche, a farci sentire il freddo e la violenza di una vita che non doveva andare così, una vita che per nessun essere umano dovrebbe andare così. Nessuno ne conosce il cuore: così canta il poeta, e le linee disegnate dai versi, a scorrerle tutte in un’occhiata sola, sembrano l’elettrocardiogramma di un cuore su cui grava un macigno, perché come recita un altro verso: Nessuna bimba, da adulta, ha il desiderio di divenir prostituta. L’egoismo inaridisce il cuore dell’avaro (in L’avaro) ed è alla radice dello sfruttamento dell’essere umano e della sua brutale cosalizzazione. Solo l’amore sa chi siamo, solo nell’amore possiamo essere riconosciuti. Tu sei è l’ultima delle tre poesie proposte dal giovane Leonardo. L’identità è protetta dall’amore, dall’incontro degli sguardi e la rima si fa tenera, tenera come la più tenera carezza.
Tu Sei
Per me tu sei come l'acqua per il fiume,
come le stelle per il cielo,
come nell'oscurità il più vivido lume,
come per la primavera il dolce disgelo.
Sei come la vastità dei cieli più tersi,
dolce come la più dolce melodia,
come del sommo poeta i sommi versi,
il senso più profondo di questa vita mia.
Sei come l'aria per i polmoni,
come lo splendido fiorire della rosa,
sei il più soave di tutti i suoni,
sei una creatura meravigliosa.
Sei come l'acqua in un deserto,
ed io m'allieto ad ammirar la tua delicatezza,
che con grande fortuna ho scoperto,
ed è tenera come la più tenera carezza.
Sei bella come dell'usignolo il canto,
e tremo al pensier ch'avrei potuto non incontrarti,
e il mio cuore si scioglierebbe nel pianto
se non prevalesse il desiderio d'abbracciarti.
E nonostante tutto non trovo parole
per descrivere come sei,
e quanto batte il mio cuore
quando i tuoi occhi incontrano i miei.
Leonardo Donà (Verona)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "B" (Scuole Medie)
I Premio Assoluto
Ilaria Vescovi
Motivazione: Carica di suggestione, la sua forma poetica è un’esperienza di solitudine che guarda alla morte come a un autunno, e al mondo come a una prigione «dove gli uomini si credon così forti» e il Natale appare come la sicura e confortante fine della sera in cui «le strade paiono interminabili fili di vita e di luce». Si abita, così, in un’illusione nel tempo scandito dal verso costruito con un solo verbo, quel «paiono», che sottolinea la precarietà di quei fili di vita e di luce descritti. Essi, infatti, non sono che un’interruzione momentanea di quel “lento oblio” di cui Ilaria parla, poi, nella poesia E un altro autunno se ne andò: qui la luce non nutre perché è “luce di insaziabile malinconia”, l’unica che ci viene descritta come illuminante il cammino della giovane poetessa. E tutti interroga il verso che recita: «Ogni tanto penso se tutti abbiamo una vera esistenza» (in Le anime perdute), perché l’anima può perdersi ancor prima di morire, e vivere mille morti abdicando sotto il peso del dolore, degli anni, della solitudine e del silenzio. Quella di Ilaria Vescovi è poesia che ci pone implicitamente delle domande, in un tempo in cui sembra, invece, che anche per la conoscenza profonda degli individui già siano pronte le più varie risposte.
Le anime perdute
Se potessi
paragonerei la morte,
alle foglie secche
che cadono in autunno,
nell'infinito universo
delle anime perdute.
Quella sera d'estate
sotto un albero di olivo,
ti pensai così intensamente
da non capire
che sei quel soffio d'aria fresca,
che avvolge la mia anima.
il mondo alla fine che cos'è?
Una prigione dove gli uomini
si credono così forti...
Ogni tanto penso
se tutti abbiamo
una vera esistenza.
L'indomani aprii
gli occhi, e cercai
con lo sguardo,
un'agenda,
dove a un certo punto
le pagine, iniziavano
a divenire vuote...
Ilaria Vescovi (Asiago - VI)
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Premio Maria Maddalena Morelli "Corilla Olimpica" - Città di Pistoia
I Edizione 2017
Categoria "D" (Adulti)
III Premio
Elisabetta Biondi Della Sdriscia
Motivazione: C'è un suggestivo accostamento tra l'Amore e Psiche neoclassico del Canova e la poesia di Elisabetta Biondi della Sdriscia: quest’ultima descrive e allo stesso tempo interiorizza l’immagine, tra le più celebri icone del desiderio amoroso, che di là a poco si trasformerà in atto: ma se nella scultura questo atto è imprigionato in una stasi materiale, spetta a Elisabetta e alla sua poesia creatrice di emozioni a trasformare in dinamico ciò che il marmo sottende e anticipa; tanto che il bacio non diventa più solo atto meccanico rappresentativo di amore, ma fusione antropomorfizzata dei due amanti. Il mito costituisce, nuovamente, la fonte ispiratrice per la seconda poesia: e ciò avviene tramite la rivitalizzazione del mito di Orfeo, al cui significante di cantore corrispondono due significati: quello di musicista e di poeta. Amore sì, ma anche assenza-presenza, tema caro a Blanchot: il desiderio ardente di un ritrovamento si trasforma in colpa di una perdita, in sortilegio; non è un caso l’uso del tempo imperfetto, per eccellenza quello della conclusione e del non-ritorno. Infine, il dolore sentimentale si trasforma in fisico nella figura di una donna che vomita via tutta la sua sofferenza, nel tentativo vano di svuotarsi definitivamente per lasciar posto a qualcosa che, catastroficamente, niente può riempire.
Il canto di Orfeo
Attendo il tuo ritorno, nel tormento:
al cielo incendiato racconto del dolore,
della malinconia struggente dell'assenza.
Del tuo corpo, baciato con passione,
e di quanto lo abbia sospirato,
delle tue labbra piene, mio tormento,
vertigine insaziata, sortilegio:
tra le tue labbra mi sono smarrito
in una plaga senza spazio e tempo,
fluttuante nel vuoto dell'assenza
non riesco a ritornare...
Con te ho conosciuto il desiderio
ardente: m'incendiavi la mente
di pensieri mai avuti.
Con te percepivo in ogni carezza
l'assoluta purezza di un rito sacrale.
Perché ogni gesto inventava l'amore,
nostro, nuovo, mai percorso,
ogni gesto sbocciava casto
dai nostri corpi allacciati,
dai desideri taciuti. Ogni piega
di noi un pretesto di baci
e ogni bacio lasciava insaziata
la sete. Sinfonie di sospiri,
risonanze arcane traevi da me,
liuto antico destato dalle tue dita:
tra i baci, con me, inventavi una vita.
Elisabetta Biondi Della Sdriscia (Roma)
- Categoria: Premio Maria Maddalena Morelli
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